“A Parigi, nel momento in cui si decide di andare a Roma, bisognerebbe stabilire di andare al museo un giorno sì e uno no: si abituerebbe l’anima a sentire la bellezza”
(Stendhal, Passeggiate romane)
L’altro giorno mentre passeggiavo per i viali della mia città mi è sembrato che Roma mi sussurrasse qualcosa, mi inviava il suo messaggio unico e silenzioso. In effetti a Roma ogni giorno ogni cosa, anche il sassolino più piccolo, ci parla raccontandoci la sua storia millenaria, descrivendoci le opere d’arte che la riempiono, accalcandosi l’una all’altra come a contendersi lo stupore dello spettatore incredulo.
Sì, visitare Roma è come essere abbracciati dalle comode poltrone di un enorme teatro sul cui palcoscenico, la città-palcoscenico a dirla tutta, va in scena quella che tutti conoscono come “la grande bellezza”.
Sul palco si susseguono i più noti monumenti classici come il Colosseo o i Fori Imperiali che rievocano la storia dell’Impero Romano con la sua magnificenza, le sue conquiste e la sua potenza che ancora oggi pervadono la città e rendono il romano un po’ presuntuosamente convinto di aver già visto tutto, perché in pochi luoghi al mondo si risvegliano certe emozioni.
Ma i viali ricoperti di sampietrini ci portano dalle piazze del centro storico alla Roma cristiana con le basiliche papali e il Vaticano, la Roma dei rituali dove ogni domenica anche il non cristiano si affaccia tra la folla commossa, sospeso tra la spiritualità e la concretezza dei possenti marmi, bianchi e splendenti, che uniscono la terra dell’arte e dell’estetica al cielo del misticismo e un po’ anche del mistero. A Roma anche il cielo dà spettacolo, azzurro e terso, riscaldato dall’aria mite che contraddistingue la città, colorato di tinte calde dai tramonti più belli del mondo, magari ammirati da uno dei tanti parchi o giardini panoramici (il giardino degli aranci o la più nota villa Borghese, così tanto per citarne un paio). Il sole cala dietro le cupole romane mentre un incontro prende vita o un addio si consuma, perché Roma è anche l’amore, magari per un gattino che abbiamo trovato in una delle colonie feline, come quella del solenne cimitero degli artisti, e abbiamo accudito come un cucciolo smarrito.
Perciò ricordiamoci sempre di guardare anche all’insù, perché scopriremo che in città i tetti di Roma la fanno da padrone, non solo quelli degli infiniti edifici rinascimentali, barocchi o liberty ma anche quelli popolari di quartieri come Trastevere o San Giovanni, con i panni stesi al sole e il rumore delle stoviglie.
Tra un tempo e l’altro dello spettacolo facciamo una pausa, dobbiamo mangiare, e in questo Roma non ci tradisce mai. Andiamo e ci sediamo in una delle tante trattorie dove il cameriere ci dà una tovaglia di carta e delle posate e dobbiamo apparecchiarci noi, ma mai e poi mai troveremo una cacio e pepe così, oppure facciamo la fila per le vie del Ghetto per accaparrarci per pochi spiccioli l’ultimo pezzo di crostata ricotta e visciole o un carciofo alla giudia, che non troveremo in nessun altro luogo.
Il sipario si rialza e anche i romani hanno imparato a recitare in questo spettacolo un po’ commedia e un po’ dramma. I romani, quelli con la battuta sempre pronta, col sorriso sdrammatizzano anche i lati più difficili di una grande città e rendono con il loro “menefreghismo buono” l’atmosfera accogliente e colorata.
Parlerei di Roma all’infinito ma una conclusione è d’obbligo, anche se a Roma tutto ciò che giunge finisce però non smette di finire. E anche se le epoche buie l’hanno distrutta con incendi e guerre, Roma ha fatto propria quell’estetica del disastro che la rende la Città Eterna che tutto il mondo sogna.
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