Puntuali come gli orologi svizzeri ogni anno partono le toto-previsioni sull’andamento dei flussi turistici e sui relativi risultati economici in arrivo sull’Italia.
Quest’anno le previsioni sono più rosee del normale. Un ottimismo non molto giustificato, a nostro avviso.
La totale assenza di grossi attori nazionali privati del settore, la totale assenza di una politica coordinata ed integrata dei trasporti, il fallimento cronico di Alitalia, le leggi, leggine e “leggiucce” che imbrigliano il sempre più in evoluzione settore della ricettività extra-alberghiera e tanti altri fattori, rendono impossibile uno sfruttamento a pieno delle potenzialità del settore turistico, quindi, parlare di “record” e di crescita di produttività è da ingenui e da disinformati.
Il 2017 sarà un buon anno? Forse. Sicuramente meglio del 2015, forse simile al 2016 ma certamente ben lontano dai possibili risultati con sfruttamento a pieno delle potenzialità del Bel Paese.
Lasciando al margine lo sciocco quanto falso mito secondo cui l’Italia potrebbe vivere solo turismo, bisogna dire che questo settore potrebbe apportare moltissimo in termini di liquidità corrente, di incremento dei posti di lavoro e quindi di ricchezza prodotta.
Tuttavia, le previsioni presenti nelle testate dei più importanti quotidiani nazionali che parlano di “possibili 63 milioni di turisti” sono solo pure ipotesi viste le gravi falle di raccolta di dati statistici e vista la confusione che si fa con la parola “turisti”: si parla di persone, pernottamenti oppure di presenze?
Ci sentiamo di prendere le distanze da questi titoli. Invitiamo a fare valutazioni solo con i dati economici di fine anno.
63 milioni di persone fisiche sarebbe un buon risultato anche se ancora molto lontano dai 75 milioni della Spagna, prima in Europa.
Seppure la prima parte del 2017 sembra far intravedere all’Italia risultati positivi in quanto a presenze, occorre altresì dire che si assiste ad una discesa del soggiorno medio e ad una flessione del prezzo medio di oltre 2%.
Uno sguardo più attento delle condizioni politico-economiche internazionali ci induce a prevedere una possibile frenata del turismo a partire da Luglio 2017. Queste le nostre considerazioni:
1. Aumento dei costi di trasporto turistico: già da Aprile abbiamo visto un incremento lento ma costante del petrolio unito ad una svalutazione dell’euro sul dollaro, fattori decisivi che si ripercuoteranno sui costi delle compagnie di trasporto, non solo aereo; anche qui, l’assenza poi di una politica dei trasporti integrata, la brillante assenza di vettori nazionali, espongono ancor di più il nostro paese ad effetti perturbanti del mercato.
2. L’incertezza sulla Brexit: il primo mercato emittente di turismo d’Europa azzoppato da nebolusi negoziati tra UK e UE relativamente alla Brexit, comportando un deprezzamento della Sterlina sull’Euro, questo si noterà soprattutto nei low budget.
3. Una inesorabile caduta del consumo delle famiglie: nel 2016 in Italia ma anche in Spagna, Francia e Portogallo si è assistito ad un sostanziale aumento dei consumi dovuto alla discesa del costo dei carburanti, politiche fiscali alleggerite nonostante i regimi di rigore imposti da Bruxelles, leggero aumento degli occupati e modesto aumento dei salari; tutte queste circostanze non sono previste nel 2017 e questo implicherà un abbassamento sistemico dei flussi turistici interni.
4. Si riduce il numero dei turisti “dirottati”, ossia, dei turisti presi in prestito da altre destinazioni, soprattutto mediterranee, toccate da instabilità politiche sin dalla primavera del 2010: l’instabilità in questi paesi ha favorito per quasi un decennio le classiche destinazioni come Spagna (aumento del 49% di presenze turistiche dal 2010 al 2015), la Grecia (43%) e l’Italia (32%); Anche qui il nostro paese non ha saputo sfruttare al meglio alcune opportunità seppur beneficiato da alcune condizioni politiche internazionali generali; ora però il clima politico di molti paesi mediterranei è decisamente migliorato, vedi per esempio la Tunisia, Turchia ed Egitto portando ad un lento rosicchiamento delle quote di mercato delle tre grandi.
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